Gli accertamenti fiscali anche senza gravi indizi di evasione
L’Agenzia delle Entrate, secondo una recente ordinanza della Corte di Cassazione (la n. 8266 del 2018), può procedere con accertamenti bancari e verifiche sul conto corrente bancario di un professionista anche qualora non ci siano gravi indizi di evasione fiscale e non è obbligata a motivare i motivi delle indagini bancarie. Il caso è stato chiarito dopo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in Cassazione sul caso di un professionista che possedeva due partite iva, una da avvocato e una da ingegnere. Le due partite IVA, secondo l’Agenzia delle Entrate e la Corte di Cassazione, sono un motivo sufficiente a giustificare le indagini fiscali.
Secondo la norma e la prassi, i prelevamenti possono essere considerati ricavi soltanto per i contribuenti configurati come imprenditori, non anche per i lavoratori autonomi, mentre i versamenti possono essere configurati come una maggior disponibilità reddituale per tutti i contribuenti, quindi anche per i lavoratori autonomi titolari di partita iva. La fine dell’era del segreto bancario e l’introduzione di ulteriori normative sulla trasparenza sono i principi che hanno guidato la Corte di Cassazione nell’emanazione della sentenza.
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